Un padre cacciatore....in realtà un operaio con la passione per la caccia.
Ogni weekend, quando la stagione era aperta, la sveglia suonava alle 4.
Il rumore della moka, degli scarponi sul parquet, l’abbaiare dei cani, la porta di casa che cigolava e lo spiffero gelido che entrava come un fantasma in tutte le stanze.
Un padre che non c’è più....una passione che non mi appartiene ma che mi sforzo di simulare, lontana da me per principio, per indole, per paura.
Resta reale però la sensazione di vicinanza con il mio vecchio.
“Ma cosa ci faccio qui...”, nel bosco, dove la nebbia è un muro, cercando chissà cosa. “E’ l’ultima volta!”
Lo dico sempre, ogni weekend, quando la stagione è aperta, schiacciandomi sulla testa il cappello che ho scelto tra le cose di mio padre, giusta via di mezzo tra il suo passato e il mio presente da impiegato comunale alias Buffalo Bill.
Non è facile per una donna single, un marito sparito quando i figli ancora non avevano imparato a dire “papà”, due giovani adolescenti da tenere sott’occhio e una carriera come editrice da portare avanti.
Non è facile gestire innumerevoli appuntamenti con giovani scrittori in erba e con importanti penne d’annata.
Mischiare il ruolo di mamma ed imprenditrice, dolce ed irreprensibile insieme, scaltra ed professionalmente inattaccabile, non è facile per questa donna, super impegnata e comunque sempre pronta ad un bacio o ad uno scappellotto per i suoi tesori, ad un consiglio a scrittori con il blocco creativo o a interminabili discussioni filosofiche.
La passeggiata pomeridiana di rientro dall’ufficio è l’unico vero momento che ha per sè, e se lo gode , passo dopo passo.
E’ facile riconoscerla, nel mezzo della via, con quel suo cappello, quello col fiocco cucito in rosso.
Sono le 04.20 a.m. di una notte di baldoria. Tanta musica di violini, pianoforti e tamburelli.
Quanti canti e quanti brindisi, a braccetto con simpatiche e allegre accompagnatrici. Il whisky è quasi un intercalare tra una pinta e l’altra.
Nei momenti di pausa, tra un pezzo e l’altro, riecheggia il rumore delle monete lanciate sul tavolo da accaniti giocatori di carte e urla incomprensibili di chi, cacciato fuori dal locale, continua la sua notte brava seduto a terra o appoggiato in maniera precaria al muro, in strada.
Chissa’ di chi sarà la coppola, ritrovata dal gestore, appesa alle mezze pareti che separano i tavoli, salvaguardando chissà quali private conversazioni.
Era agosto...ah, che grande estate!
Riposavo in riva al fiume dopo una grigliata memorabile quando un ridacchiare lontano ha attirato la mia attenzione.
E lì l’ho vista....ah, che miracolo!
Un fisico asciutto e formoso insieme, una sottoveste candida come la neve sul ghiacciaio.
Sembrava danzare sotto gli spruzzi della cascatella alle sue spalle.
Il ciaccolare delle amiche al riparo sulla sponda diventò in un momento un coro di angeli e capii che ero ferito; sì, Cupido e le sue freccie...
Fortuna, destino, chissà.....perse in acqua il copricapo che la riparava dal sole; trascinato dalla corrente e dal vento arrivò dritto da me e non ebbi chances, nessun alibi, nessun dubbio. Mi alzai subito e dopo aver gonfiato appena il petto corsi a riportarlo alla proprietaria....
Ah, che grande estate!
Primi soli di primavera. Prime fioriture. E’ ancora fresco però; bisogna ancora restar coperti.
Esiste un mondo fuori dalle case buie e fredde, dalla pioggia e dal vento tagliente.
Un sole limpido ,caldo senza afa.
I profumi dei primi fiori sbocciati pronti ad accogliere farfatte, api e calabroni.
Il rumore della ghiaia sotto i piedi, nel parco, quella asciutta finalmente, rimanda alla prossima estate, quando si tornerà in Liguria, con i pomeriggi divisi a metà tra preparazione di esami universitari e lunghe partite a carte in spiaggia.
Qualche folata di vento forte, ancora pungente, ti riporta al presente.
- “Signorina faccia attenzione a quest’arietta, vorrà mica perdere quel bel cappello?!”
- “Grazie”
Domenica mattina. Un uomo, umile, un contadino , si reca alla chiesa del paese,
Dopo la settimana di duro lavoro nei campi ha sostituito gli abiti lisi e sporchi di terra, le scarpe infangate e graffiate dalle pietre, con uno dei due vestiti buoni, uno per i matrimoni e l’altro per la domenica. Immancabile però il cappello che il padre gli regalo' per il suo diciottesimo compleanno, un po’ fuori forma ma tenuto da conto per le “uscite in società”.